Il caso della palazzina di Libera ad Ostia

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Avviato finalmente il restauro della palazzina di Adalberto Libera sul lungomare di Ostia

La valorizzazione, il recupero ed, in particolare, la “cura del Moderno” sono attualmente gli argomenti più delicati del dibattito in corso tra gli architetti. Le Università, i Dipartimenti che dovrebbero sempre di più aprire le loro porte al confronto con la realtà, stanno tentando di farsi promotori delle istanze che provengono dai cittadini che – almeno i più sensibili – chiedono di intervenire in merito alla salvaguardia di pezzi di città troppo spesso lasciati all’incuria, alla leggerezza di operatori senza scrupoli, all’indifferenza. E’ ovvio che le architetture soffrono di tali mancanze ed il rischio è notevole se si pensa che l’Italia possiede il più importante patrimonio ambientale, artistico, culturale, architettonico, monumentale del mondo.
L’impresa di “sensibilizzare i privati” poi, è ancora più ardua, in quanto manca totalmente nel nostro Paese una cultura specifica del rispetto delle opere d’autore. In altre parole, tutti noi siamo disposti a pagare cifre elevate per possedere e conservare in casa un quadro di un artista celebrato, ma non siamo capaci di tutelare un bene immobile (come una costruzione) prodotta e, ancor prima, disegnata e progettata da un importante architetto.

Emblematico, a tale proposito, è il caso della Palazzina B di Adalberto Libera ad Ostia sita sul Lungomare Duilio, angolo Via Capo Corso, realizzata nel 1933 da un’importante ed illuminata impresa di costruzioni, la Società Immobiliare Tirrena guidata da una eminente figura come quella di Pietro Campilli. Tale Società seppe (intravedendo la possibilità di ricavi addirittura maggiori rispetto a quanto il mercato di allora potesse prospettare) cogliere l’occasione di chiamare a progettare alcune sue palazzine, un giovane architetto di 29 anni, Adalberto Libera, prossimo ad un sicuro successo professionale. Contemporaneamente puntando ad un prodotto di alta qualità, la Tirrena si assicurò il consenso generale. Una promozione straordinaria e irripetibile, insomma, unica nel suo genere, celebrata con onore già al tempo della sua esecuzione, particolarmente apprezzata dall’utenza, dalla cultura architettonica, dalla stampa.

A tutt’oggi le caratteristiche architettoniche suddette sono ancora riconoscibili ed apprezzabili, ma l’edificio si presenta in evidente stato di degrado.

Il Dipartimento di Studi Urbani di Roma Tre ha, in questi ultimi due anni, preparato un progetto di restauro fino alla scala del dettaglio decorativo, cercando di rendere compatibili indirizzi specialistici e convenienza economica della ristrutturazione.

Sono d’intesa con l’iniziativa finora intrapresa dal Dipartimento di Studi Urbani e con Alfredo Passeri (nella sua qualità di coordinatore del compimento del restauro, mentre il Direttore dei Lavori sarà Roberta Rinaldi che assumerà tale incarico quale “prima esperienza professionale”) la Società Ingrande di Giorgio Cinti e l’Impresa di Costruzioni Generali dell’architetto Vincenzo Diana che, nella circostanza, contribuiranno – grazie alla pubblicità che verrà apposta sui ponteggi durante l’esecuzione dei lavori – a finanziare più dell’80% dell’ammontare delle opere. Anche tale iniziativa imprenditoriale, per una volta e con successo, non sarà tesa al vantaggio esclusivo del costruttore-imprenditore-restauratore, ma avrà il merito di salvare un capolavoro altrimenti perduto perché “privato”. Per questi imprenditori, poi, c’è un ritorno d’immagine da inserire a pieno titolo nei loro curricula.
Insomma, questa volta, si tratta di pubblicità mirata alla qualità.
Le Università, i Dipartimenti debbono essere sempre più impegnati a ricercare ed esaltare le Architetture di settanta, sessanta ed anche cinquanta anni fa, bisognose quanto non mai di essere tutelate, protette, salvate dalla volgare manomissione di chi le occupa che, nella maggior parte dei casi, è inconsapevole di abitare un capolavoro.
Infine, la formalizzazione del rapporto Impresa, Condominio (tre inquilini), Dipartimento è stata regolata con il meccanismo della Convenzione (anch’essa di non facile redazione trattandosi di rapporto pubblico-privato e costituendo, nei fatti, una novità assoluta).